Festa di Santa Restituta: gli eventi di maggio e un po’ di storia

Tradizione senza tempo, la Festa di Santa Restituta è tra gli eventi più interessanti che caratterizzano l’isola di Ischia e, nello specifico, la comunità di Lacco Ameno. Il momento clou della manifestazione è previsto di consueto tra il 16 e il 18 maggio, ma la festa colora il comune noto per “Il Fungo” per buona parte del mese che anticipa l’estate.

È proprio nei giorni conclusivi che il paese lacchese omaggia la santa africana venuta dal mare, mettendo in scena alcune tradizioni dalle origini antichissime. In questo senso, da sottolineare la vestizione [1] della statua lignea, addobbata con collane, rosari ed ex voto generalmente d’oro. Poi la rappresentazione [2] sulla spiaggia di San Montano del martirio della santa e del suo arrivo nel 284 d.C. in località “Le Ripe”, nell’attuale baia lacchese. A chiudere, in serie, la processione via mare e quella via terra e i fuochi d’artificio in serata inoltrata.

Tante celebrazioni, a testimonianza di un legame profondo tra l’isola e la santa. Un legame profondo, ma non esclusivo: Santa Restituta è venerata non solo a Ischia, ma anche a Palermo, Oristano, Cagliari, Calenzano e Oricola, tutti luoghi in cui hanno trovato rifugio gli esuli cartaginesi durante le persecuzioni dell’impero romano.

Festa di Santa Restituta: le origini tra storia, fede e folklore

La rappresentazione del martirio e dell’arrivo a Ischia che tutti gli anni va in scena il 16 maggio a San Montano deve le sue origini alle (diverse) ricostruzioni di studiosi e religiosi circa la vita e le gesta della santa. Patrona di Lacco Ameno e – insieme a San Giovangiuseppe Della Croce – di tutta l’isola di Ischia, Santa Restituta d’Africa nacque secondo le agiografie a Cartagine oppure ad Hippo-Zarito, la moderna Biserta in Tunisia. Affascinata dalle idee di San Cipriano (incentrate su verginità e martirio), molto istruita nelle sacre scritture e – secondo una ricostruzione del Castelli – nobile di origini romane, la santa conobbe il martirio a cavallo tra il terzo e il quarto secolo dopo Cristo.

È bene specificare che non esistono dati storici certi che facciano luce sul luogo e l’anno del martirio, sebbene a Ischia si segua per convenzione la ricostruzione che fa risalire gli eventi al 284. In realtà le versioni sono numerose: per Davide Romeo la santa conobbe la morte sotto l’imperatore Valeriano nel 256, per Caracciolo e Baronio sotto l’imperatore Numeriano nel 284, mentre la versione ritenuta più attendibile è quella che colloca le vicende negli anni dell’impero di Diocleziano, precisamente intorno al 304. Secondo questa versione, il proconsole della provincia d’Africa seguiva senza freni il mandato dell’imperatore di annientare i cristiani (realtà storica conclamata). Secondo la Passio redatta da Pio Franchi Dei Cavalieri, la giovane fece parte del gruppo dei martiri di Abatina, vittime della decima persecuzione anticristiana voluta nel 304 da Diocleziano e colpevoli di radunarsi per celebrare il rito eucaristico.

Una volta catturata dai romani e messa sotto processo, nonostante la promessa di “premi di gloria”, Restituta non rinnegò mai la sua fede. Stando alle ricostruzioni agiografiche la Santa non conobbe tentennamenti, pronunciando parole chiare, come “nella mia bocca non risuonerà mai il nome di Giove onnipotente, o la falsa lode di altre simili deità”. La giovane, così, venne fustigata con violenza inaudita e poi rinchiusa in cella, dove ricevette la prima visita di un angelo che la consolò. Restituta, ormai stremata dalle torture, non fece alcun passo indietro nemmeno nella seconda parte del processo, quando arrivò addirittura a consigliare al proconsole di abbracciare la fede cristiana.

Busto policromo di Santa Restituta del 1771 presente a Lacco Ameno
Particolare del busto policromo del 1771 di Santa Restituta

La giovane venne dunque posta in una “barca carica di stoppa, intrisa di resina e di pece, e in essa lasciata bruciare e quindi sprofondare ne gli abissi del mare ed così di ammonimento e di esempio ai presenti e ai futuri (…) che rifiutano d’inchinare il capo di innanzi a Giove ottimo massimo”. Le cose, però, non andarono secondo i piani dei romani: grazie ad un intervento divino, a prendere fuoco non fu la barca di Restituta, bensì quella dei suoi carnefici (secondo un’altra versione “ufficiosa”, i due romani annegarono e non ci furono incendi di sorta). Serenamente, confortata dall’intervento divino, la Santa – accompagnata da un angelo – trovò la morte.

Secondo la tradizione, il corpo della martire venne trasportato dal mare in località “Le Ripe”, nell’odierna Baia di San Montano. Il suo corpo venne poi accolto da Lucina, matrona del luogo a cui un angelo raccontò la travagliata storia della martire africana. Lucina radunò i fedeli e seppellì la santa alle falde del monte Vico, nel luogo dove sorgono i resti di una basilica paleocristiana.

Curiosità storica: le reliquie di Santa Restituta furono trasferite a Napoli nella prima metà del secolo IX, nell’omonima basilica in via Duomo. Circostanza, questa, che comunque non ha impedito la diffusione del culto lungo tutta l’isola.

Giglio di Santa Restituta: tradizione e poesia di Lamartine

Il Giglio di Santa Restituta. Foto di [User:falconaumanni] da es.wikipedia.org
Secondo una tradizione millenaria, all’arrivo del corpo della giovane santa nella cala di San Montano, fiorirono d’un tratto e fuori stagione i caratteristici Gigli di Santa Restituta (nome scientifico Pancratium Maritimum: Pancrazio di mare), fiori che secondo un’altra ricostruzione agiografica la santa portava sovente sulla tomba del maestro San Cipriano.

La storia dell’improvvisa fioritura dei gigli a San Montano colpì particolarmente il poeta francese Alfonso de Lamartine, personaggio molto legato all’isola verde: di seguito vi proponiamo un suo poema dedicato proprio alla tradizione dei gigli di Santa Restituta.

IL GIGLIO DELLA CALA DI SANTA RESTITUTA NELL’ISOLA D’ISCHIA (1842)

Dei pescatori, un’alba, videro un corpo femmineo
Che l’onda della notte risospinto aveva al lido;
La sua beltà, pur nella morte, l’anima rapiva.
Germogliano, d’allora, presso l’orlo della sabbia
Che l’accolse, questi fiori.

Donde veniva mai, questa vergine ignorata
A chiedere una tomba a dei grami pescatori?
Sul mar, nessuna barca s’era vista alla deriva.
Ella morta era e nuda: senza anelli, senza vesti,
Tranne il vel dell’onda, azzurro.

Corsero i pescatori presso tutte le famiglie
A cercar lini belli per il fùnebre lenzuolo;
Bianchi gigli e giunchiglie per intessere ghirlande;
Un coro di fanciulle per il canto dell’addio,
Delle madri per il pianto.

Sopra un letto di sabbia, dove – simbol d’aridezza –
Nulla mai crebbe o nacque, adagiar la giovinetta;
Ma il fior della pietà rese dolce il salso mare,
La sabbia di quel lido si vestì di musco e questo
Fiore sboccia nell’estate.

Vergini, – che del cuore le api siete, come amore
N’è il miele – su cogliete questo giglio solitario !
Gli angioli n’han diffuso la semenza su la terra;
La tomba n’è l’aiuola, il suo nome è un mistero;
L’odor fa sognare il cielo.

(A. De Lamartine – Premières et Nouvelles Méditations Poétiques)


[1] Video di Antonello De Rosa sulla vestizione della Santa
[2] Le foto di Lucia De Luise sulla rappresentazione del martirio


FONTI CONSULTATE:
Lacco Ameno – Il paese, la protettrice e il folklore di P.Polito
www.santibeati.it – Santa Restituta d’Africa di Vito Calise
www.chiesaischia.it – S.Restituta

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