Dopo la seconda guerra mondiale, a partire dagli anni ’50, Ischia conosce un radicale cambiamento che la condurrà poi al boom di una decina di anni dopo. Pian piano l’isola verde abbandona, soprattutto nei centri nevralgici, quel fascino di località incontaminata, si apre alle manie e alle mode delle città e delle realtà turistiche più visitate. Ad illustrarci questo cambiamento (nel suo pieno sviluppo) è un articolo pubblicato da ‘La Stampa’ il 20 agosto 1954, intitolato “Si minaccia la caduta di Ischia”, con riferimento – evidentemente – alle peculiarità (poi in parte perdute) dell’isola che fu.
Curioso il riferimento ai Maronti e Sant’Angelo, immuni al turismo ad immagine e somiglianza dei “nordisti” (italiani) per la mancanza, al momento, di una strada. Questo rendeva soprattutto Sant’Angelo appetibile principalmente a stranieri, in special modo svizzeri e tedeschi. Curiosamente ancora oggi il borgo ischitano è a tutti gli effetti la meta preferita tra tedeschi, inglesi e russi insieme a Forio. Di seguito vi proponiamo un estratto dell’articolo che, è bene specificarlo, ci mostra come si presentava Ischia in pieno agosto, ieri come oggi periodo di punta della stagione turistica isolana.
Le strade di Porto d’Ischia ci apparvero affollate di motoscooters fragorosi, di automobili mastodontiche e di vigili urbani. Grandi costruzioni di cemento armato, in quell’anonimo stile balneare che fiorisce su tutte le spiagge d’Europa e d’America, si alternavano a villini civili dalle linee ispirate agli architetti svizzeri. (…)
Nei bar e nelle gelaterie, tappezzati degli stessi affiches che spiccano a Milano o a Roma, i villeggianti succhiavano avidamente i gelati di passeggio che si fabbricano al Nord. Ma ciò che mi sgomentò fu la richiesta avida di sughi imbottigliati nella pianura lombarda, in un’isola dove la frutta è la più saporita e profumata del mondo.(…)
Il ragionier Franco Scala, dall’animo più di poeta che di contabile, è uno dei pochi ischitani rimasti immuni dalla febbre cittadina che domina l’isola d’Ischia nel 1954. Egli ha trovato una bella frase per esprimere uno dei più curiosi fenomeni dell’Italia estiva: milanesizzare la natura. Gli alberi illuminati con riflettori dai colori chimici, le boutiques aperte nelle case dei pescatori, la televisione pianta nel bosco, i cinematografi improvvisati in magazzini di grano sono altrettante vittorie della grande battaglia che il villeggiante moderno ha impegnato per non perdere, nemmeno un mese all’anno, i suoi gusti cittadini. «La meta sarà completamente raggiunta», ci ha detto il ragionier Scala, «quando nel cielo di Ischia vedremo brillare una Luna al neon».
Nel linguaggio pittoresco del ragionier Scala, i villeggianti che si annidano negli alberghi e nelle pensioni dell’Isola Verde sono chiamati «nordisti». Si tratta, secondo lui, di una riconquista dell’Italia da parte di un esercito armato di fucili subacquei. I luoghi «ancora vergini» vengono scoperti ed espugnati ad uno ad uno dai nordisti che, se potessero, aprirebbero un night-club sulla vetta del K2: «Quest’anno» commenta Franco Scala «è caduta Ischia».
Il ragioniere dell’isola (…) ci era sembrato tuttavia di un pessimismo eccessivo. Ischia non è ancora caduta, o meglio non è ancora caduta completamente. La costa meridionale, con il delizioso porto di Sant’Angelo e la selvaggia spiaggia dei Maronti, non è ancora stata conquistata dai nordisti, e per una ragione che può far meditare. Questa parte dell’isola si è salvata, infatti, grazie ad un accidente provvidenziale. La strada che come un anello circonda Ischia, e congiunge comodamente Ponte, Porto, Casamicciola, Lacco Ameno, Forio si è interrotta (pare per una temporanea mancanza di fondi) a due chilometri da Sant’Angelo. Sono bastati duemila metri di terreno naturale, che si possono percorrere solo a piedi, per tener lontani i villeggianti del nord, sbarcati nell’isola con i motoscooters e le automobili di grande cilindrata.
A Sant’Angelo, dunque, che guarda la bella distesa dei Maronti ricca di «stufe» e di acque termali, arrivano per ora soprattutto stranieri: scandinavi, svizzeri, tedeschi, austriaci. Molti di questi europei, per vivere più a contatto con la natura, e dimenticare il cemento e il ferro delle loro grandi città, vanno ad abitare nelle caverne scavate nel tufo dai locali, che le affittano per pochi soldi. Non è difficile incontrarli sulla spiaggia dei Maronti dove si cuociono le vivande al calore naturale delle stufe.