Giovanni Scalfi (Prora di Trento, 5 giugno 1925) è annoverabile tra i maggiori esperti di evasioni da prigione della storia recente d’Italia. Questo Houdini delle galere (!) incontra sulla sua strada anche l’isola d’Ischia, teatro della sua seconda incredibile fuga. Siamo nell’agosto del 1956 e l’uomo – con l’ausilio del classico lenzuolo – riesce a evadere dal carcere di Santo Stefano, dove stava scontando un ergastolo per avere ucciso a colpi di rivoltella il cassiere di una banca a Trento, nel 1946.
A leggere i giornali dell’epoca (soprattutto il Corriere della Sera) sembra di trovarsi difronte alla sceneggiatura di un film, in stile “Evasione da Alcatraz”. Raggiunta Ventotene a nuoto, Giovanni Scalfi riesce a procurarsi una barca a vela e dopo una lunga traversata raggiunge la spiaggia di San Francesco, in quel di Forio d’Ischia. Sull’isola, le cose per l’evaso non si mettono benissimo: dopo essere stato aiutato da un gruppo di pescatori per tirare a secco la barca, Scalfi viene subito riconosciuto e arrestato dai Carabinieri di Forio e Casamicciola. L’ergastolano non lo rivelerà mai, ma a Ischia ci arriva per caso: a portarlo su una delle spiagge più frequentate dell’isola, infatti, sono stati il forte vento di ponente di quei giorni e l’assenza di un timone sulla imbarcazione con cui partiva da Ventotene.
Giovanni Scalfi, non fu la prima evasione da prigione: l’incredibile fuga verso la Jugoslavia nel 1946
La fuga a Ischia dura poco per Scalfi, che appena quattro anni prima fu invece capace di un vero e proprio capolavoro, in fatto di evasioni da prigione. Dal 1946 l’uomo scontava l’ergastolo nel Forte di Longone, sull’isola d’Elba: per la sua buona condotta aveva conquistato la fiducia di superiori e guardie, lavorando all’interno del carcere e muovendosi con una certa libertà. Si calò con una corda e fuggì anche in quel caso con una barca. Giorni dopo proprio in quelle acque fu anche ripescato un cadavere che si ritenne essere proprio dello Scalfi. Insomma, la fuga perfetta.
L’uomo poi scappò in Jugoslavia, spacciandosi per profugo politico. Per vivere si esibiva come illusionista e anche con un certo successo (prima abbiamo nominato Houdini, non era un caso…). Le autorità jugoslave vollero però vederci chiaro e, nel dubbio che Scalfi fosse in realtà una spia americana, lo rispedirono in Italia. Dove la polizia lo accolse a braccia aperte.