Nel 1994 Ischia diventò suo malgrado location televisiva di un omicidio efferato che in realtà non si consumò mai. Nell’aprile di quell’anno Raitre trasmise ‘Piezz e core‘, documentario diretto da Nico Di Biase incentrato su storie di malavita napoletana. Tra i tanti episodi spiccava un delitto ambientato a Forio: oltre alla scelta del luogo (ricordiamo, comunque, che Ischia all’epoca era tra le mete preferite dai camorristi per le vacanze), a sorprendere è che si fece riferimento ad un killer e ad un episodio mai esistiti. Ecco qualche stralcio della parte incriminata, a parlare è un ragazzino di nome Ciro: “Stavo a Forio d’Ischia, parlavo al mio capo con il telefonino. Davanti a me, in una cabina telefonica, c’ erano un uomo, una donna e un cane“. Il volto del ragazzo è oscurato, come quello dell’amico di infanzia seduto al suo fianco, compagno di strada e confidente. “Il mio capo ce l’ aveva con me, stavamo discutendo. A un certo punto lui mi urla: fatteli tutti e tre. Io allora mi avvicinai, chiamai: Tonino! Pum, pum, pum. Li ho ammazzati tutti e tre. Marito, moglie e cane. Il cane non avrebbe parlato, lo so. Ma se fai un lavoro devi farlo bene. Devi fare come ti dicono”.
Le polemiche scoppiarono già prima della messa in onda, ma il direttore della terza rete, Angelo Guglielmi, diede l’ok (“il documentario parla comunque di una realtà che esiste”, affermò). L’episodio fu trasmesso il 28 aprile 1994 in seconda serata (alle 23.45) e fu visto da 788 mila spettatori. Il regista De Biase si giustificò dicendo che Ciro non si riferiva a Forio, bensì a via Foria, nel popolare quartiere Sanità, a Napoli. La frittata era fatta, però: il nome di Ischia fu comunque accostato ad un delitto mai avvenuto, trovando grande risalto sui media nazionali (su tutti Repubblica e Corriere della Sera). A gettare ulteriore ombra sul lavoro di De Biase furono gli accertamenti nei computer della polizia: “Nessun duplice omicidio con le modalità riferite dal ragazzo è avvenuto in via Foria a Napoli dal 1988 a oggi, né a Forio d’ Ischia“, dichiarava il vicequestore Vittoria Petraroia, dirigente della divisione Anticrimine. Difronte a questa smentita, il regista spiegò che non ci furono risposte concordate e che comunque nelle sue intenzioni non c’ era uno scoop, ma “il tentativo di disegnare una mappa di un certo tipo di adolescenti, volevo mostrare il loro narcisismo“.
Repubblica 28 aprile 1994
Corriere della sera 19 maggio 1994